mercoledì 18 aprile 2007

La rivolta dei cinesi di via Sarpi

Qualche giorno fa in via Sarpi, a Milano, la comunità cinese si è ribellata, protestando contro l’amministrazione comunale e scontrandosi fisicamente contro le forze dell’ordine.
La scintilla è scoppiata quando una donna cinese è stata multata dalla pulizia municipale e, mostrando resistenza alla notifica della contravvenzione, venne condotta al commissariato di polizia più vicino. Questo, in pratica, il motivo della goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Un vaso arrivato all’orlo e riempito, in gran parte, dall’avversione e dall’ostilità che i vigili urbano hanno applicato nei confronti della comunità cinese milanese. Proibito l’uso dei carrelli manuali per il trasporto delle merci, e raffica di multe ai proprietari cinesi dei negozi, colpevoli di parcheggiare in doppia fila per il carico/scarico merci. Una lesione in piena regola del diritto al lavoro dei cittadini che pagano le tasse al governo italiano. I tafferugli di Chinatown hanno riportato alla luce un problema, quello della ghettizzazione. Il processo di ghettizzazione, analizzando nello specifico quello avvenuto in via Sarpi e zone limitrofe, è provocato in origine dagli stessi cittadini autoctoni (Italiani in questo caso) che hanno venduto i loro negozi ed i loro appartamenti ai cinesi, a fronte di un compenso economico molto più elevato di quello corrispondente al mercato. In sostanza, i cinesi hanno pagato a caro prezzo i loro immobili, rendendo felici gli ex proprietari. Un mea culpa e’ d’obbligo per il ghetto cinese creatosi in quel di Milano e non solo. E’ comunque giusto dire che la comunità cinese si differenzia dalle altre comunità di immigrati, chiudendosi a riccio e integrandosi difficilmente con la società, oltre al fatto di sfruttare i neo immigrati dagli occhi a mandorla nell’industria tessile. (basso salario della manodopera = prezzo competitivo dei tessuti sul mercato).

lunedì 16 aprile 2007

L'abuso dell'alcool e delle droghe tra i giovani ed i messaggi della società

Ultimamente, l’uso dell’alcool tra le nuove generazioni di adolescenti è notevolmente aumentato. L’età dell’approccio al cosiddetto “primo bicchiere” tende sempre al ribasso. Gli anni oscillano tra i 13-15 in Italia . L’euforia paradossa, che provoca un consumo eccessivo di bevande alcoliche, è di solito raggiunta allo scopo di essere più intraprendenti nell’approccio verso altri ragazzi/e, lasciando cadere le inibizioni in una realtà distorta. Fenomeno, quello dell’alcolismo, che se associato alla guida delle automobili diventa un’arma ancor più devastante. Dal sito internet della Polizia di Stato (www.poliziadistato.it) risulta che le vittime nel nostro paese sono trentamila all’anno, su trentatremilioni di bevitori. Colpa forse anche dei modelli che la società e i media di massa propongono, dove spesso si associa una situazione stimolante e divertente ad un consumo di alcool.
Anche le manifestazioni e le gare sportive sono spesso pubblicizzate da note marche di alcolici.
In aggiunta ai modelli concettuali ( divertimento, sballo, approcci) vi sono anche dei modelli provenienti dal mondo dei Vip. La fotomodella americana Kate Mosse, ad esempio, dopo i suoi burrascosi trascorsi di alcool e droghe è ritornata nella carreggiata mediatica, più forte, più bella e molto più pagata di prima. In Italia si possono ricordare l’attore belloccio Paolo Calissano, ed il rampollo di casa Fiat, Lapo Elkann, per non citare la lunga lista di calciatori più o meno famosi.
Si parla molto del problema della dipendenza dall’alcool e dalle droghe, ma purtroppo la nostra società probabilmente non è in grado o preferisce non voler trovare una soluzione che possa prevenire un futuro da alcolizzato o tossicodipendente a centinaia di migliaia di giovani.
Si potrebbe iniziare con un categorico “tolleranza zero” per chi si mette al volante, per poi proseguire vietando le apparizioni televisive di personaggi famosi “positivi” e le pubblicità che affiancano il divertimento all’uso dell’alcool. Infine, il pilastro più importante lo si trova nella famiglia ed in particolar modo nei genitori, i quali sono i primi tenuti ad informare e ad educare i figli ad un uso corretto e sporadico di bevande alcoliche, quando il metabolismo dei ragazzi lo potrà consentire.

Un buon bicchiere di vino ogni tanto, male non fa.

Ogni tanto.

mondo verona

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