venerdì 2 novembre 2007

Mantra Cafè

Un sabato sera qualunque decido di andare a fare un giro al Mantra Cafè, ex Harp Pub, sito in Via Cantarane (zona univr). Per chi, come me, ogni tanto andava a bere una birretta all’Harp pub, sarà uno shock entrare al Mantra Cafè, sia per ciò che concerne l’arredamento, sia per la “bella” gente che fa da cornice. Se un tempo era il legno il componente principale dell’Harp ( dai tavoli alle panche, dal barista alla cassa) ora sono la plastica e l’eco pelle a farla da padrone. Addio anche al vecchio odore, sconfinante talvolta in fetore mefitico, delle “groste” al formaggio (una specie di pizza super formaggiosa) , scalzato da una fragranza simile ad un pout porri di alcool e big babol. Confesso che v’era un po’ di titubanza nell’entrare, data dal numero elevatissimo di persone di sesso maschile ( sembrava di entrare al famoso popper bar di San Michele, con flipper dalle gambe segate annesso, per giocare a 90°), ma decisi comunque di tentare la sorte. Rivoluzione!

Le donne ci sono e all’entrata, fa sfoggio di sè il mega bancone futuristico bianco. Poco lontano,vi sono alcuni tavolini bianchi con sedie bianche. Più a destra, un dj bianco che suona musicaccia techno (bianca?) e, alle sue spalle, il secondo troncone del locale, composto da divani di pelle bianca e tavolini bassi. Ordino una sambuca liscia, mi rispondono che è terminata. Ma come, finisci la sambuca di sabato sera? No way man! Ripiego su un montenigger. Bevo e levo le tende. In quel quarto d’ora passato al Mantra cafè, posso dire che con tale arredamento, il locale risulta un po’ freddino, a causa del colore bianco che è prettamente dominante. Il salone dei divani poteva essere sfruttato meglio. Tanti divani, salone grande, gente pochissima. Crea un senso di vuoto notevole, quasi opprimente.

La gente. Strana. Giovani universitari alternativi e un po’ untini e qualche gruppo di najotti (immancabile) . Al Mantra Cafè va riconosciuto lo sforzo nel tentativo di proporre
un arredamento fashion (?), anche se ormai banale. All’entrata, il locale sembrava abbastanza pieno di gggente, ma l’occhio sentenzioso conosce ormai il vecchio barbatrucco degli avventori posizionati appositamente dal gestore all’ingresso ( saranno li stessi ragazzi seduti dietro Magalli a Piazza Grande? Le sagome di “Mamma ho perso l’aereo” insegnano).

In conclusione, un luogo dove bere uno shot veloce per poi approdare in lidi migliori.

Per chi andava all’harp, meglio evitare. Per tutti gli altri, pure.

Butel Saval

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